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L´unica valida ragione per non mettere a proprio agio l´interlocutore sarà quella legata al verificare "sul campo" le strategie di problem solving possedute, nonché le abilità nel gestire gli imprevisti o la disinvoltura di fronte ad una situazione inaspettata e "scomoda".
La funzione aziendale che dovrà "accogliere" il candidato e la seniority dello stesso incideranno sulla tipologia di domande poste, dal momento che ogni sollecitazione avrà una specifica attinenza con le capacità necessarie a compensare un preciso bisogno dell´organizzazione (un tono aggressivo, ad esempio, o una modalità incalzante nel porre alcuni interrogativi potranno testare la modalità di reagire alle sfide, mentre lunghi silenzi costituiranno una "prova" in termini di gestione dell´imbarazzo).
In tali casi, non esistono regole generali applicabili alle risposte le quali dovranno necessariamente risultare in linea sia con il contesto professionale, sia con la propria personalità e con gli aspetti caratteriali che maggiormente ci rappresentino.
La calma, l´autocontrollo e la logica nel ragionamento che precederà la risposta saranno elementi imprescindibili per non compromettere gli esiti del colloquio, partendo dal presupposto che di fronte a noi ci sia un professionista il cui scopo ultimo sarà quello di compiere una scelta vantaggiosa per l´azienda e per le sorti professionali del candidato stesso.
Una reazione eccessivamente difensiva non pagherà e, tantomeno, avrà successo la mancanza di sincerità: andrà sempre ricordato a se stessi, infatti, che la non coerenza con i valori e la cultura di un´impresa non potranno che condurre, a breve termine, ad una difficoltà di inserimento e ad un´inevitabile sensazione di frustrazione.